Attività svolta il: 01/06/2014

Dire che al bar di Giavera ci siamo ritrovati per la colazione in quattro gatti è persino lusinghiero, dato che eravamo in tre. Dado, Alberto ed io ci avviamo quindi al Castel: la “missione” prevede il rilievo della parte finale del ramo di Argilloni a Sinistra e di seguito l'esplorazione di un famigerato pozzo mai disceso. Tutto procede tranquillamente, la parte iniziale del percorso è speculare alla prima uscita fatta col corso, si giunge poi al bivio degli Argilloni, dove si prosegue a sinistra agilmente sino a un traverso sospeso su un meandro che i miei compagni riarmano, per rendere meno faticoso il passaggio. Passato il traverso si arriva a un camino da dove Alberto e Dado cominciano con i rilevi ed io, tanto per non restarmene proprio con le mani in mano, mi dedico alle foto.

Dado ci racconta che la strettoia in cima al camino era, un tempo, un passaggio “per pochi”… ma ora non c'era di che preoccuparsi poiché era stata allargata, rendendola accessibile anche ”ai più”. Tuttavia quando salirò il camino e sarà il mio turno di passare le difficoltà e le imprecazioni non mancheranno… ne uscirò con gran fatica, non sarà nulla rispetto a ciò che ci aspetta dopo, anche se ancora non lo potevo sapere. La marcia prosegue alternando ambienti stretti a sale di medie dimensioni e si procede con relativa calma, poiché il rilievo richiede un certo tempo tecnico.

Disceso un pozzo tocca subito risalire una cascatella concrezionata, alla cima della quale si procede verso un passaggio a sinistra. Ultimo della fila, dal basso sento con quanta fatica e difficoltà gli altri passano attraverso il passaggio sulla sommità del camino. Ci mettono davvero molto tempo… ma cosa diamine mi aspetta su? La risposta non tarda ad arrivare: risalita la corda a sinistra si apre una strettoia, una di quelle dove, come dire… di mia spontanea iniziativa di certo non mi sarei mai infilato! Tuttavia la strada è inequivocabilmente quella… e i miei compagni mi aspettano di la. Provo a entrare, e quasi subito sento il casco incastrarsi. Cercando di mantenere la calma tento di capire in che modo si sia bloccato, ma non riesco a venirne a capo e torno indietro. Riprovo: il secondo tentativo è di poco migliore, finisco incastrato dopo un metro con una roccia che mi punta al petto. Ritorno indietro a fatica e comincio a valutare la possibilità di terminare li la mia escursione. Chi me lo fa fare? …la voglia di passare è tanta ma la paura di rimanere definitivamente incastrati, per quanto irrazionale potesse essere, non è da meno. Decido per un terzo tentativo: dall'altra parte Alberto mi suggerisce di restare basso, cosa che in effetti pareva assolutamente sensata, ma lasciarsi cadere in quella lingua di roccia senza la certezza di essere capaci di rialzarsi e tornare indietro non era una mossa poi tanto banale. Alla fine decido di lanciarmi, mi lascio cadere e guadagno abbastanza facilmente un altro metro, la strettoia pare allargarsi, mi spingo ancora avanti sino a una curva a S, ancora qualche spinta sperando l'imbrago non s'incastri fra gli speroni di roccia, sin quando è il momento di risalire faticosamente in alto, in un ambiente decisamente più largo dove ritrovo Dado e Alberto.

I miei compagni si complimentano con me per la prima “strettoia seria” attraversata, per tutta risposta io li tedierò per ore ed ore con i miei dubbi della reale possibilità di percorrerla in senso inverso. Intanto si va avanti… La spedizione prosegue a ritmi lenti causa rilievi, e arrivati a una saletta che per quanto complessa non porta a ulteriori sviluppi mentre la coppia di misuratori prosegue nel suo paziente lavoro, io mi accomodo per una meritata pausa pranzo.

Procediamo quindi sino a una piccola sala stranamente pulita, collegata a un ambiente più basso dove dopo qualche minuto di ricerca spunta infine il cunicolo che Dado ricordava e che giunge sino alla zona inesplorata: una saletta da dove nasce il famoso pozzo meta finale della spedizione. Tuttavia… è il momento di valutare la situazione: siamo in grotta da parecchie ore… molte altre se ne devono preventivare per il ritorno e si decide quindi, a malincuore, di rimandare la discesa del pozzo (peraltro da disostruire) alla prossima uscita. Si lascia li l'occorrente alla discesa e si torna indietro.

Percorrendo il percorso in senso inverso il mio pensiero è fisso verso la temibile strettoia che non sono certo di riuscire a riattraversare, nonostante la rassicurazioni dei miei compagni che mi spiegano che al ritorno, per vari motivi che non starò qui a elencare, ogni strettoia è sempre più semplice che all'andata. Mi limito a dire che avevano ragione loro.

Riattraversiamo la strettoia in un tempo anche relativamente breve, ridiscendiamo e affrontiamo il ritorno a una velocità che, senza l'ingombro del rilievo, è decisamente superiore al previsto. Ritornati a zone più note della grotta è il momento di strisciare di nuovo sotto la Schiena d'Asino tanto per sporcare quel poco di tuta rimasto intonso: usciamo quindi a sera, il sole non scalda più, ma almeno un poca di luce c'è.

Siamo piuttosto soddisfatti, per quanto stanchi. Alberto e Dado sono contenti del loro lavoro di rilievo e io a mia volta sono felice per essere riuscito a raggiungere una zona di Castel tutto sommato ben poco scontata. Raggiungiamo infine l'auto e ci dedichiamo allo svestimento. Un pacifico vecchietto, di passaggio sul sentiero, ci inquadra come soggetti interessanti e incuriosito si avvicina… “venite dalla Busa del Castel? ma… bello… vista tante volte ma mai entrato… ma… ma cosa c'è sotto?” “…Tanto fango.” risponde qualcuno. Difficile dargli torto.

Testo e foto di Andrea Buosi

Author: Alberto Righetto

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