Domenica 27 ottobre partiamo di buon'ora, lungo la strada i partecipanti si aggiungono alla carovana.

A Trebiciano arriviamo in perfetto orario, l'appuntamento è con Sergio per l'apertura della casetta all'ingresso dell'Abisso di Trebiciano (17 VG) e con un gruppetto di quattro spagnoli: alcuni sono alle prime esperienze in grotta mentre uno (Federico) è un veterano di questa grotta con ben 18 visite!

Ci spostiamo all'ingresso (quota 341 m) e ci cambiamo, noi siamo relativamente carichi vista l'attrezzatura fotografica ed i faretti, gli spagnoli invece sono molto più minimalisti, hanno solamente casco, luce, imbrago e t-shirt!

La discesa in ferrata tramite le scalette fisse è agevole anche se corda e discensore sarebbero più comodi. Approfitto di alcuni momenti di pausa-ingorgo per scattare un paio di foto veloci dei pozzi senza usare il treppiede. In breve arriviamo alle vecchie scale e ripiani di legno datati 1841.

Dopo un totale di circa 280 metri di discesa atterriamo sulla sabbia. Tutto intorno buio, provo ad aumentare la potenza della frontale al massimo ma il pulviscolo in sospensione impedisce di vedere le pareti circostanti. Spengo la mia luce, le frontali degli altri
illuminano appena quella grande oscurità, un pezzo alla volta.

Dividiamo le luci, i flash e le ricetrasmittenti e prendiamo posizione. Scendo sulla sabbia fino a dove iniziano gli enormi massi e apro il treppiede, la posizione è abbastanza favorevole per riprendere parte della caverna A. F. Lindner.

So che in basso c'è il lago G. Timeus ma non lo vedo fino a quando scatto una foto di prova. Parlando un po' di tecnicismi, metto a fuoco manualmente con il live-view della reflex sfruttando come riferimento la frontale di Dino che nel frattempo è arrivato al lago; la messa a fuoco deve essere precisa perché a f/3.5 (massima apertura del mio obiettivo) la profondità di campo è ridotta, fortunatamente a 15 mm la distanza iperfocale è di meno di 3.5 m, quindi alla fine non è difficile ottenere tutto perfettamente a fuoco. Scatto a 1600 ISO per sfruttare ogni singolo fotone. Capiamo subito che i flash sono praticamente inutili per illuminare il salone, l'unica possibilità è pennellare le pareti con le luci continue. Faccio alcune prove e urlo agli assistenti cosa fare, due ricetrasmittenti sono guaste, l'eco ed il rimbombo non aiuta certo la comunicazione; per fortuna almeno Dino che è il più distante mi riceve ancora. Scatto quattro foto da ricomporre poi al computer: 8 secondi per il lago (senza luce pennellata ma con un flash), 37 secondi per la parte destra, 20 per quella centrale ed altri 37 per la porzione a sinistra. Nel frattempo dalla prima foto di prova sono passati 30 minuti…

Carico l'attrezzatura fotografica e raggiungo gli altri al lago Timeus, posto a quota 12 m sul livello del mare, toccare l'acqua del Timavo è emozionante. Scattiamo una foto, vaghiamo un po' sui massi sotto ai quali scorre il fiume e poi iniziamo a risalire su questa strana spiaggia ipogea incontrando depositi di legnetti portati dalle piene e particolari forme di erosione della sabbia che sembrano le Piramidi di Segonzano in miniatura.

Le scalette per la risalita ora sono meno amichevoli e ci fanno sudare un bel po'. All'esterno ci riuniamo agli spagnoli che erano risaliti poco dopo essere arrivati alla fine della ferrata. Durante un momento conviviale Federico ci spiega che in Spagna gli speleologi sono noti per essere borrachos (trad. ubriaconi) e così, ancora una volta, capisco di essere più fotografo che speleo…

Un ringraziamento ai compagni di avventura e assistenti: Carlo “il pennellatore”, Dado, Dino, La Maui, Lorena e Paolo, nonché a Tono per averci prestato molta attrezzatura.

Testo di Alberto Righetto