Attività svolta il: 13/12/2014

Discesa all'esterno del bastioneCertamente non richiederà una revisione dei libri di storia, ma la mini-spedizione urban-archeo-speleologica di sabato mattina in Bastione del Castello (“Bastione Camuzzi”, vicino alla stazione FS) non solo è stato un piacevole diversivo alla speleologia in senso stretto, ma ha portato alcune interessanti novità da quel mondo microconosciuto che si dipana sotto i piedi (spesso inconsapevoli) dei trevigiani. Un plauso alla determinazione di Treviso Sotterranea (segui gli aggiornamenti su Facebook!), che ha ottenuto i permessi necessari all'esplorazione attraverso un iter burocratico lungo e non sempre semplice: ne valeva la pena.

Nei pressi della stazione ci ritroviamo in quattro: con me ci sono Roberto, Massimiliano e Alberto. Si sale quindi all'ex officina Camuzzi, e la sensazione è quella di entrare in una sorta di città fantasma: vagando fra edifici abbandonati, finestre rotte e vegetazione capace di prendere un deciso sopravvento sul cemento pare incredibile di trovarsi in pieno centro storico: eppure siamo a poche decine di metri, in linea d'aria, alla stazione delle corriere. Arriviamo infine lungo la cinta muraria, giusto sopra al primo dei primi due fori che intendiamo ispezionare (che in realtà sarà l'unico, poiché il tempo è volato).

Alberto si occupa dell'armo e uno dopo l'altro ci si prepara alla calata, in un'atmosfera particolarmente rilassata. Il pertugio si apre in maniera piuttosto evidente giusto una manciata di metri sopra il pelo dell'acqua, e apparentemente, visto dall'altra parte della riva, non prometteva di portare granché lontano: staremo a vedere. Scende e si infila per primo Alberto, poi Massimiliano, mentre Roberto resta in abiti civili a scattare fotografie dalla strada, intrattenendo conversazioni con i curiosi di ogni età che numerosi si soffermano a commentare l'insolita scena.

Dentro alle muraIo tentenno: dal basso mi arrivano vaghi ma poco rassicuranti accenni a temibili piccioni ipercombattivi e angusti ambienti malsani. Dopo una decina di minuti, dato che nessuno pareva intenzionato a riemergere alla luce, decido di calarmi pure io: è un attimo e sono sul posto: giunto all'imbocco scandisco con voce decisa il mio "hop hop!" e… nessuno risponde!? Ma allora si sono spinti parecchio avanti! Abbandonata ogni remora mi infilo e mi ritrovo in un ambiente decisamente più accogliente di come me l'ero prospettato: c'è un discreto spazio per muoversi ed il livello di fango è pressoché risibile per un assiduo frequentatore di Castel Sotterra.

Mi trovo in una saletta, a destra il passaggio esiste, ma è ostruito da una frana, mentre a sinistra si apre uno stretto cunicolo che porta sino a un camminamento relativamente largo, seppur invaso dalle macerie: lo imbocco in quanto unica strada possibile, e qualche metro dopo distinguo finalmente le voci dei miei compagni che discorrono poco più avanti.

Passata la strettoia ho il mio primo incontro ravvicinato con un piccione particolarmente inviperito, che indispettito dalla mia presenza guadagna l'uscita di prepotenza. Piccioni a parte la galleria è davvero bella: relativamente larga, pareti di mattoni buona parte franati sono invasi da numerose radici che si sono caparbiamente fatte strada sin laggiù, rendendo il quadro d'insieme se possibile ancora più gotico ed evocativo. Dopo una trentina di metri si raggiunge quel che pare un vicolo cieco, dove si apre solo uno stretto e scomodo passaggio a mezza altezza: Alberto ci si infila ma torna indietro quasi subito assicurandoci che non porta da nessuna parte. "Stropa"? Per ora si.

È tempo di risalire, e in un attimo siamo tutti di nuovo in cima al bastione, relativamente sporchi ma certamente soddisfatti: le foto sapranno rendere giustizia meglio delle parole alla nostra piccola scoperta. Qualche interrogativo rimane inoltre aperto: oltre al lato destro del cunicolo che è possibile disostruire con un po' di buona volontà, poco più avanti rimane da vedere il secondo foro, a tutt'ora inesplorato e che potrebbe riservare sorprese di ogni genere. Qualche risposta arriverà, senza dubbio, nella prossima puntata.

Testo di Andrea Buosi, foto di Roberto Stocco, Massimiliano Zago e Alberto Righetto

Author: Alberto Righetto

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