Attività svolta il: 22/11/2014

Gita ad una delle grandi classiche, la Spluga della Preta, in cui è stata scritta la storia della speleologia; consiglio vivamente di vedere il film “L'Abisso” di Francesco Sauro (link). Per i profani, la grotta inizia con uno spettacolare pozzo da 131 metri e continua con una sequenza di impressionanti verticali intervallate da stretti meandri; fatevi un'idea con queste meravigliose foto del S-TEAM (link). Noi siamo scesi alla base dei primi tre "pozzoni" (131, 108 e 88 metri), arrivando in Sala Paradiso.

Partiamo venerdì sera io e Dino, tappa a Resana dove uniamo le auto e ri-partiamo con Dado e Lorena alla volta della sede del GAM a Verona dove ci aspettano e ci daranno ospitalità per la notte (grazie ancora!). Rivediamo alcuni speleo conosciuti in un'uscita in Castel, chiacchiere, grappe aromatizzate fatte in casa, partita a calcetto in cui Dino e Dado stracciano i Veronesi e poi io e Lorena rimaniamo a giocare a “i costruttori del medioevo”, un gioco da tavola. La bellissima sede del GAM, il bastione di un fortino, il venerdì sera si trasforma in ludoteca. Ci assicurano che il gioco dura 15 minuti (sono le 23.30) ma ovviamente la realtà è ben diversa. Fumo del camino nella stanzetta, fumo delle sigarette rollate a mano, birre e patatine. Andiamo a letto all'una ed un quarto.

Sveglia con calma, oggi saremo in 5 (noi da Treviso e la nostra guida Giorgio Annichini). Saliamo in auto fino all'ingresso nonostante qualche tratto della stradina sia ghiacciato. Il cielo, qui a 1500 metri, è terso mentre sotto ristagnano le nuvole e l'umidità. Scendono Dado e Giorgio per armare il P131 in doppia, a ruota segue Lorena e per ultimi io e Dino.

La discesa è spettacolare, la luce rimbalza sulle pareti lisce senza però riuscire ad illuminare il fondo. La progressione fino alla base del P88 e poi verso Sala Paradiso è semplice ma emozionante; l'estrema scivolosità delle pareti è un enorme comodità in discesa, si puntano i piedi e li si lascia scorrere mentre ci si cala. Alla base del P88 si festeggia il compleanno di Dado stappando una bottiglia portata con attenzione fin qui.

Lasciamo i personali ed andiamo verso Sala Cargnel e poi Sala Paradiso, meta della gita. Al ritorno la scivolosità delle pareti complica la risalita; puntare i piedi per distanziarsi dalla roccia richiede uno spreco di energia, non c'è modo di fare presa. Risolvo mettendo i piedi in entrambe le staffe del pedale e pedalando con i piedi distanziati, le punte degli scarponi mi tengono distanziato il giusto senza fare fatica inutile.

Affronto il P131 con Dino, sono un po' intimorito dal tiro così lungo. 15 pedalate solo per staccarmi da terra. I primi metri sono divertenti, scherzo con Dino, sembra di essere su una giostra, ad ogni pedalata l'elasticità della corda ci fa rimbalzare su e giù di 2-3 metri. Poi Dino si fa più serio, inizia ad accusare una specie di mal di mare… rapido lo supero e mi tengo qualche metro sopra. Con calma salgo fermandomi ad aspettarlo un paio di volte, poi vado su al frazionamento in testa al pozzo per godermi lo spettacolo dall'alto.

Mentre mi avvicino al frazionamento sento gracchiare, tra me e me penso che i gracchi alpini, padroni di casa, stiano volando fuori della grotta; invece no, li sto disturbando con i LED; sulle pareti sotto la dolina di ingresso, in posizioni improbabili, in verticale, in nicchie ed in minuscoli posatoi ci sono almeno 30 gracchi alpini appollaiati per la notte. Aspetto un po', poi arriva Dino che, mentre sono impegnato a passare il mio secondo frazionamento mi dice “varda chi che te ga di fronte a ti”, mi giro e cazz! Ho un gracchio a 30 centimetri, non l'avevo visto! Sul subito temo una sbeccottata nell'occhio (ne avrebbe tutto il diritto) ma poi ci accorgiamo che ha un'aria piuttosto assonnata, tanto da guadagnarsi il soprannome di “Brombe”; salgo evitando di disturbarlo ed usciamo.

Dopo qualche decina di minuti, tolta la tuta ed indossato abiti civili, torno verso l'ingresso per vedere a che punto sono Dado e Lorena. Stanno uscendo, chiedo loro se hanno visto il gracchio, Dado mi risponde “Si, o go anca caressà!”. Brombe, il gracchio domestico.

Il sole è appena tramontato, il cielo si tinge di sfumature rossastre lasciando presto spazio alla via lattea e ad un paio di Leonidi in ritardo di qualche giorno, magnifico.

Author: Alberto Righetto